• 15 Dicembre 2025 16:59
Una vacanza da favola

di Pietro Locatelli

Tutti noi abbiamo un buon ricordo delle vacanze estive quando avevamo la fortuna di andare al mare o in montagna. Da quando eravamo bambini abbiamo anche ricordi particolari che ci hanno accompagnato negli anni a venire e mai dimenticati. Uno di tanti, sono convinto, me lo porterò nel cuore per tutta la vita e, per questo lo voglio raccontare, sperando di non annoiare. 

Io, quinto di dieci fratelli nati tutti in tredici anni, ancora bambino, ero andato in vacanza in una zona del mare Adriatico. Essendo la prima volta che scoprivo il mare mi sentivo particolarmente felice. Godevamo di una grande spiaggia libera non lontana da Rimini dove, a quel tempo, era consentito giocare liberamente senza essere ripresi in quanto eravamo circa quasi alla metà del secolo scorso. Era anche ottimo il gelato che la cara mamma ci concedeva, sempre la sera, solo se eravamo stati bravi in spiaggia. Sempre la sera, dopo cena, facevamo la solita passeggiata sul lungo mare con i negozi tutti aperti con luci sfavillanti e accattivanti. Vi era chi giocava sulla sabbia a pallavolo con una illuminazione spesso traballante. Non mancavano neppure gruppi di ragazze e ragazzi che cantavano seduti sul muretto che divideva la spiaggia dalla strada. 
Le serate erano quasi sempre uguali ma non ci si annoiava anche perché spesso si incontravano dei complessini musicali capaci di attirare e intrattenere il pubblico di passaggio.

Il ricordo che sempre mi ritorna è la serata più bella di quella vacanza. In una puntuale passeggiata serale, nell’aria, si avvertiva che vi fosse qualche cosa di diverso dal solito. Si sentiva una musica molto particolare che veniva da lontano e si incontravano militari in divisa che noi bambini guardavamo con curiosità ma anche con molto rispetto. All’improvviso la strada si fece libera con tutta la gente che si accalcava ai lati di detta strada aiutata dai militari in zona. Da lontano si sentiva una musica, decisamente molto allegra che non poteva essere dei ragazzi del muretto per l’impronta del tutto particolare e per la potenza di suono ridondante e mescolato ai fragorosi applausi della gente assiepata ai lati della strada. Anche tutti noi dieci fratelli, con la mamma, che non mancava di tenerci d’occhio, collaborata dalle due sorelle maggiori poiché il babbo era rimasto a casa per il tanto lavoro, ci siamo posti al lato della strada aspettando, curiosi, cosa stava accadendo. La musica si faceva sempre più ridondante e solo in parte coperta dai fragorosi applausi. In un attimo comparvero i Bersaglieri che correvano perfettamente allineati e sempre ordinati con scarponi molto rumorosi, di colore marrone/cuoio e con gambale assai alto. Quello che lasciò stupiti tutti noi era che correvano e, allo stesso tempo, gonfiavano le gote per soffiare in grandissimi e lucidissimi strumenti a fiato di sicuro peso. La fortuna, per noi piccoli spettatori, fu una voce tonante che gridò un qualche cosa che non riuscimmo a comprendere ma che riuscì a far fermare la musica e i pesanti scarponi con un colpo in terra assai deciso e proprio davanti a noi. Felicemente sorpresi nel vedere quei bellissimi e lucidissimi grandi strumenti musicali continuammo ad applaudire come sanno fare i bambini felicemente contagiati.

Questi signori “militari”, fermi davanti a noi bambini, ci hanno consentito di ammirare attentamente gli scarponi (scusate solo da militare conobbi che portavano il nome di “anfibi”) che ci sembravano enormi e di grosso cuoio, come non avevamo mai visto. Ci siamo anche fatti largo per ammirate i lucidissimi e molti anche enormi strumenti che per dimensioni ci risultava impossibile che potevano essere portati correndo. Altra nota di attenzione fu il cappello portato da quei soldati; rigido sulla testa, assai largo e piegato da una sola parte del capo e con bellissime e lunghe piume che, stranamente per noi, cadevano tutte su una sola spalla del soldato ed erano un vero spettacolo di movimento e di colori. A quel punto io non riuscii a trattenermi e, quatto quatto, mi avvicinali al soldato che mi era vicino e teneva con impegno la sua grande tromba.  Il soldato mi guardò e sorrise bonariamente; mi prese la mano mi fece segno di appoggiare le mie dita sui tasti del suo grande strumento che teneva stretto nelle sue mani. Dopo poco un altro grido quasi identico a quello che aveva fatto fermare i soldati. Sentii che la mia mano, forse semiparalizzata, era condotta dalla sicura e sapiente mano dello stesso bersagliere. Le mie dita spinte da quelle del soldato sorridente sui tasti, dallo stesso pressati sui miei avviò un’altra bellissima e allegra musica. Felicissimo ed emozionato tornai velocemente, quatto quatto, nel mio gruppo di famiglia. Mi sentivo orgoglioso e complice di quel caro soldato che mi aveva fatto sognare come fossi il maestro di quella bella fanfara di soldati (oggi direi musicisti). La mia grande fratellanza aveva apprezzato il mio gesto musicale. La mamma un poco meno perché era convinta fossi stato scorretto e invadente, ma fu comprensiva come tante altre volte per mie marachelle ben più preoccupanti. 

Ancora oggi andando in vacanza mi capita che si affacci il quadro di quel momento che vi ho descritto cari lettori e, con il passare del tempo, non sono neppure certo se, quanto scritto, sia realmente avvenuto o è una favola di una ingenua fantasia infantile. Anche se fosse favola me la tengo stretta sperando che i bimbi di oggi possano ancora conoscere il sapore e la gioia di assistere al passaggio di una fanfara dei Bersaglieri che crea tanta allegria e spensieratezza nei nostri quartieri sempre più “grigi” per tanti motivi.

Grazie bravi Bersaglieri non fermate la corsa e non deponete la “musica”…. della vostra bella Fanfara.